Si può essere fedeli a Lovecraft in molti modi: se ne può riprodurre il metodo “indiziario”, al quale uno scrittore come Danilo Arona si richiama esplicitamente, oppure si può “traslitterare” il tema della possessione e dell’alterità insostenibile che incombe ai confini del reale, in una cornice fantascientifica e apocalittica come in Tracce nel buio di Koontz. Un’ altra strada, più analitica, orientata ai temi e allo stile, è quella proposta da Alessandro Forlani nel divertimento proposto ai lettori del suo blog: M’rara (un racconto “alla H.P. Lovecraft”), in realtà una prova di bravura dal significato didattico: non siamo scrittori, ma anche come lettori abbiamo qui molto da imparare. Forlani trasporta temi e atmosfere lovecraftiane nella provincia marchigiana durante il fascismo, individuando i nuclei fondativi della paura del Solitario di Providence, e non solo del Lovecraft dei grandi testi. La scelta stilistica è orientata all’imitazione di una prosa novecentesca con forti venature arcaicizzanti (almeno così mi è parso), analogamente alla prosa di H.P. L., che scrive negli anni Venti e Trenta tentando di riprodurre l’inglese dell’età di re Giorgio. Il risultato è un racconto cristallino, dall’andamento inesorabile, con un finale aperto. Bello, insomma.